Neonata muore, in ospedale nessuno sa dire ai genitori dov’è il corpo: “Gettata con biancheria sporca”
Pensate di ricevere la più orribile delle notizie che un genitore possa avere, quella della morte di un figlio appena nato, e poche ore dopo scoprire che lo stesso ospedale dove è avvenuto il decesso non sappia che fine abbia fatto il corpicino del neonato. È la straziante storia di due coniugi statunitensi, Alana Ross e Daniel McCarthy, che dopo aver perso la loro primogenita Everleigh Victoria ad appena due settimane di vita, hanno dovuto rinunciare per sempre a darle una degna sepoltura e a un luogo in cui piangerla e portarle dei fiori.
La coppia, che ha trascinato in Tribunale l’ospedale di Boston, chiede che i responsabili siano puniti e che siano messi in atto tutte le procedure perché una cosa del genere non accada mai più a nessuno.
Il calvario dei due coniugi inizia con la nascita prematura della loro primogenita Everleigh Victoria al Brigham and Women’s Hospital di Boston nel luglio di due anni fa. La piccola mostra subito gravi problemi di salute e, nonostante i tentativi dei medici, viene dichiarata morta meno di due settimane dopo.
Inizia così il momento del lutto e del dolore ma anche quello del terribile compito di pianificare il funerale, una incombenza interrotta però improvvisamente da una notizia che appare assurda e inverosimile alle loro orecchie un primo momento: l’impresa di pompe funebri che ha cercato di recuperare il corpo di Everleigh in ospedale comunica che non si trova.
Da allora, nonostante intense ricerche del corpicino in discariche e centro smistamento rifiuti ospedalieri, della bimba non si è saputo più nulla. La polizia di Boston, che ha condotto una meticolosa indagine, ha stabilito che il corpo “è stato probabilmente scambiato per biancheria sporca” e gettato tra gli scarti e quindi incenerito dopo essere finito in discarica.
Sul caso è in corso un procedimento penale ma la coppia ora ha citato in giudizio l’ospedale non per chiedere un risarcimento ma per impedire che accada di nuovo. “Non vogliamo che nessun altro passi quello che abbiamo passato noi. Vogliamo che l’ospedale sia ritenuto responsabile. Vogliamo che risolvano questo problema” hanno spiegato al New York Times