Francesca Cavallin, adesso è guarita dalla sua malattia
L’attrice, vista di recente in “Un professore” (Rai Uno), parla della sua lotta con i disturbi alimentari di cui ha sofferto in passato. «Sono partita dall’anoressia, ma il mio problema più grande è stato la bulimia. Dopo un periodo di privazione, ingurgitavo. È durata anni». «Mi ha salvata l’amore, a 22 anni, per un tennista. Oggi ne sono fuori, amo cucinare, invitare amici a cena e provo gioia nel mangiare»
Anch’io sono caduta nella trappola. La causa? Il mio perfezionismo, che sempre nasconde una grande fragilità. Ci ho messo anni a uscirne. Ma oggi il cibo è la mia cura, ciò che mi fa stare bene. Amo cucinare, riunire la famiglia e gli amici in grandi tavolate. Il cibo, che per anni è stato il mio incubo, oggi è il mio modo di dare amore».
Sono le parole di Francesca Cavallin, il volto colto e gentile della bellezza italiana. Una laurea in storia dell’arte, poi il debutto nel mondo dello spettacolo come conduttrice e attrice. Dopo la separazione dal regista Stefano Remigi, l’attrice vive a Milano con i figli Leonardo, 14 anni, e Jacopo, 6.
La pandemia ha fatto crescere in maniera esponenziale i disturbi alimentari. Lei ha raccontato la sua esperienza come monito e sprone a tanti adolescenti. «Quando ti capitano certe cose, c’è sempre un vulnus psicologico. Io cercavo una mia identità e mi sono confrontata con gli stereotipi che la società suggerisce. Bellezza uguale magrezza. Non ho saputo decodificare nel modo giusto e reagire. Sono partita dall’anoressia, fortunatamente non a livelli da rischiare la vita o essere ricoverata, ma il mio problema più grande è stata la bulimia, disturbo ben più infido».
Ci sono voluti anni? «Altroché. La bulimia è facile da nascondere. In casa mia c’era dialogo, non ho nulla da imputare ai miei genitori. Ma dopo un periodo di assoluta privazione, mi si scatenava un desiderio sproporzionato. Ingurgitavo, ingurgitavo perché dentro di me sapevo di poter recuperare.
La cosa difficile è il gioco psicologico: la persona che la attua è convinta di avere il potere sul proprio corpo. La parte più complessa è scardinare il meccanismo psicologico. Perché la tentazione continua, c’è sempre. Il gioco è facilissimo, è terribile, la vivevo con un senso di vergogna e schifo. Però riuscivo a nasconderlo, è durata parecchi anni».
A salvarla è stato l’amore? «Sì, avevo circa 22 anni, ho conosciuto un ragazzo poco più grande di me. Un tennista, mi ha capita e ha saputo apprezzare la mia unicità. Insieme avevamo un piano per utilizzare il corpo in maniera virtuosa. E grazie a lui ho scoperto il gusto del cibo e del buon vino. Lo ricordo con grandissimo affetto perché è stato determinante nella mia rinascita».
E oggi? «Oggi ne sono fuori. Questo incubo, che non auguro a nessuno, ha innescato però in me un nuovo percorso di consapevolezza. La gioia che provo nel mangiare mi ha permesso di avere una stabilità fisica notevole. Amo cucinare, amo invitare persone a cena. È importante evitare la solitudine nel cibo».
In televisione torna con la fiction Vostro Onore con Stefano Accorsi, mentre per il cinema uscirà, in autunno, Era ora insieme a Edoardo Leo. «In Vostro Onore interpreto il ruolo della moglie del giudice e la madre di suo figlio. Un personaggio bello e tragico, posto davanti a un conflitto interiore profondo che mi ha fatto riflettere anche come madre: io denuncerei mio figlio se avesse commesso qualche reato? Era ora è invece una bella commedia surreale di Alessandro Aronadio in cui sono l’assistente di Edoardo Leo».
La città di Asolo ha voluto celebrare l’amore con una mostra, Un bacio ancora. E i baci ci sono davvero mancati in questi mesi. Lei ne è stata in qualche modo testimonial. «Ho accettato con grande piacere l’invito di Massimiliano Sabbion, un caro amico dai tempi dell’Università, e ho scritto anche un contributo.
Il tema è molto sentito. Io sono fortunata perché ho due figli: il grande, adolescente, non è più da sbaciucchiamenti. Per fortuna godo ancora di questa valanga di amore che ho dal piccolino».
C’è un bacio che le ha cambiato la vita? «Sì. Il bacio di Gustav Klimt. Avevo dieci anni. È stato grazie a quel bacio che ho scoperto l’amore profondo per la storia dell’arte. Non so se la bellezza salverà il mondo, ma l’arte, almeno per me, è catartica».