Filippo, chi è il figlio di Ivan Graziani chi è? Causa Morte, malattia, carriera, biografia, moglie

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Torna il consueto appuntamento con Serena Bortone che il suo programma oggi è un altro giorno. Come in ogni punta tantissimi sono gli ospiti da intervistare. Oggi studio ci sarà il figlio del grande musicista Ivan Graziani, cerchiamo di scoprire qualcosa in più sul famoso cantante scomparso prematuramente.

Ivan Graziani nacque a Teramo il 6 ottobre 1945 sotto il segno della Bilancia. Fin da bambino si appassionò alla chitarra e a 18 anni venne scelto da Nino Dale per suonare nel suo complesso, piuttosto famoso in Abruzzo. Quest’esperienza, seppur non molto lunga, fu molto importante per gli inizi di carriera di Ivan, che debuttò anche come cantante. Nel 1966 fondò il gruppo Ivan e i Saggi, più tardi conosciuto come Anonima Sound. Con questa formazione incise il singolo Parla tu, che ottenne un discreto successo.

Ivan Graziani, scomparso il 1 gennaio 1997 a Novafeltria per un male incurabile nel 1979 aveva 34 anni ed era al massimo livello del suo percorso artistico. Dopo anni di gavetta nel 1978 era arrivato il successo con Pigro, disco che oltre al title track contiene capolavori come Fango e Monnalisa. E Agnese Dolce Agnese ne suggella il momento.

Ivan Graziani: la moglie Anna e i figli Filippo e Tommaso

Ivan Graziani ha trascorso tutta la sua vita con la moglie Anna Bischi, con cui ha avuto i due figli Filippo e Tommaso. Ivan e Anna si sono conquisti nel 1965 a Urbino: “Poi non è scappato più. E siamo stati insieme tutta la vita. A volte arrivo a sperare di scoprire oggi dei suoi tradimenti, giusto per sentire forse un po’ meno la sua mancanza. Macché. Per lui la famiglia era tutto”, ha raccontato la moglie a Il Fatto Quotidiano.

Era un chitarrista di alto livello – non per niente come session man ha lavorato con Battisti, De Gregori, Venditti – e un autore-cantante con una verve ironica e surreale poco adatta all’Italia della canzone, nonché un disegnatore e incisore di grande talento.

In questi anni, nel suo studio di registrazione, “Officine Pan Idler”, sono stati finalmente “aperti” con nuove tecnologie alcuni nastri lasciati dall’artista: all’interno sono state trovate molte tracce inedite su cui si sta lavorando per poterle pubblicare proprio nel 2022, nel venticinquennale della scomparsa. Questo è l’auspicio dei tanti fan club dedicati a Graziani che continuano assiduamente a ricordarlo andando alla ‘ricerca’ di materiale di nicchia.

Nato a Teramo il 6 ottobre 1945, dotato di sensibilità e ironia uniche, attento osservatore di micro storie che riusciva a rendere esaltanti e intriganti nelle sue canzoni, Graziani arriva al successo dopo una lunga quanto preziosa gavetta: primo cantautore in assoluto a salire sul palco del Tenco nella primissima edizione del 1974, si rivela nel 1977 con l’album “I Lupi” dove c’è “Lugano addio”. L’anno dopo pubblica “Pigro” con la celebre “Monnalisa”, inserito da Rolling Stone tra i cento album italiani migliori di sempre. E’ il periodo migliore della sua carriera: coronato da album come “Agnese dolce Agnese” e l’ anno dopo da “Viaggi e intemperie” dove c’è “Firenze (canzone triste)”.

Dalla seconda metà degli anni ’80, anche se in questo periodo pubblica “Nove”, uno degli album che ha amato di più, le cose non girano dal verso giusto. Soprattutto cresce la sua insofferenza nei confronti della discografia che probabilmente fatica ad assecondare un personaggio che rimane in bilico tra rock, canzone d’autore e recupero del folklore, considerando anche i mutamenti profondi che l’industria musicale sta subendo con l’avvento degli anni ’90.

A rendergli omaggio negli anni due album-tributo, con molti dei grandi del pop e dell’indie, a renderlo immortale brani come “Lugano Addio”, “Firenze (Canzone triste)”, “Monnalisa”, “Maledette malelingue”, “Signora bionda dei ciliegi”, che rimangono nella memoria collettiva. Con un repertorio che spazia tra rock e ballate di rara bellezza, Ivan ha incrociato tanti illustri colleghi: tra questi, Lucio Battisti, PFM, Francesco De Gregori, Antonello Venditti, Ron, Loredana Bertè e Renato Zero. E’ stato sepolto nel cimitero di Novafeltria con una delle sue chitarre (ne aveva qualche decina) e il gilet di pelle (che aveva brevettato) con il gancio per reggere lo strumento.

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Il chitarrista che chiedeva un occhio di riguardo al suo Dio, e quel riguardo non lo ha avuto, compirebbe tra poco settant’anni. Ivan Graziani è nato a Teramo il 6 ottobre 1945 e se n’è andato troppo presto, il Primo Gennaio 1997 a Novafeltria, il luogo della moglie Anna in cui si era trasferito da tempo. La sua bella città dovrebbe come minimo organizzare una festa di compleanno per uno dei suoi cittadini più illustri, ma la giunta fa poco. Anzi nulla. Gli amanti del cantautore più atipico italiano stanno lamentando – per esempio nel gruppo chiuso “Maledette malelingue” su Facebook – il disinteresse dei politici locali. Non è una novità. Evidentemente una delle cifre di Graziani, il cui talento è stato tanto enorme quanto insolito, è quella di essere stato sottovalutato in vita come in morte. Un anno fa, a dicembre, ha avuto luogo nel Teatro di Teramo – gremitissimo, perché il pubblico c’è sempre stato e sempre ci sarà – la 17esima edizione del Festival Pigro a lui dedicato. NeIvan-Graziani esisteva anche una versione primaverile a Bolognano (Pescara): oggi non esiste né l’una né l’altra. A Teramo, lo scorso dicembre, sfilarono tra gli altri Cristiano De André e Enzo Decaro, Fausto Mesolella e il figlio Filippo, la cui voce è davvero vicina al timbro – pure quello personalissimo – del padre. Fu una festa, in parte rovinata da una conferenza stampa tesa. Il sindaco Maurizio Brucchi (Forza Italia, secondo mandato) e l’assessore alla Cultura Francesca Lucantoni sottolinearono le difficoltà della serata gratuita (pare che il costo fosse 14mila euro ivate, di cui 3mila dal Comune) e presagirono un’edizione a pagamento nel 2015. Di contro, la famiglia Graziani lamentò la perdurante freddezza di Regione e Comune. Di lì a poco, per il concerto di Capodanno, la giunta ebbe la straordinaria pensata di spendere 37800 euro più Iva (sic) per il concerto di Marina Rei. Un flop fragoroso, per via del freddo e non solo. Secondo la Digos c’erano poco più di 250 persone, anche se l’assessore Lucantoni postò su Facebook una foto della piazza piena e scrisse con impeto involontariamente comico: “Nonostante la temperatura, in risposta alla solita blanda e patetica strumentalizzazione politica, ringrazio tutti coloro che hanno lavorato con grande spirito di squadra!”. Subito scoperta e zimbellata dal web (e dalFattoquotidiano.it), la Lucantoni provò a farfugliare che la foto non l’aveva scattata lei e che i soldi erano tutti derivanti da sponsor, anche se secondo il M5S “9mila euro erano stati sborsati da un ente pubblico come il Bim”. Un disastro fragoroso, che si poteva evitare facilmente: bastava invitare Filippo Graziani, che avrebbe garantito molta più gente e che oltretutto sarebbe costato assai meno. A parlar troppo di beghe così infime sorge però il sospetto di fare un torto ulteriore a Ivan Graziani, e sarebbe imperdonabile. Graziani è stato tante cose: chitarrista sontuoso e artista eclettico, pittore FullSizeRendere scultore, nonché disegnatore che a inizio carriera si arrabattava tra esperienze pop di pregio (Anonima Sound) e fumetti quasi-porno per riviste svedesi con tanti “pupazzetti scopatori”. Ora lirico – ma a modo suo – e ora boccaccesco, con un gusto tutto suo per la parola cantata e con un’inclinazione mirabile per i ritratti femminili (Agnese, Cleo, Dada, Angelina, Federica, Marta eccetera), resta
l’unico cantautore in grado di scrivere brani su uomini intenti a leggere sulla tazza del cesso (Io che c’entro) e far poesia con assoli di neanche trenta secondi (Olanda). Ivan Graziani ha toccato vette che ancora troppi faticano a vedere. Nella seconda metà dei Settanta era posseduto da un demone che lo ha portato a partorire dischi – semplicemente – perfetti come “Pigro” (1978) e “Agnese dolce Agnese” (1979), opere che da sole valgono più di mille Roberto Vecchioni. Gli anni Ottanta sono stati per molti cantautori un’ecatombe creativa e pure lui ha sofferto, andando per esempio al Sanremo ’85 con una canzone che giustamente non piaceva neanche a lui (Franca ti amo), ma ad averne oggi di Limiti e di Navi, per non parlare della ispirata risciacquata nel rock di fine decennio (Ivangarage). Quanta follia geniale c’è nella sua Motocross, quanta crudezza di provincia nella sua Fango. E come vola alta quella perla inaudita chiamata Fuoco sulla collina. Difficile passare senza smarrirsi da “Ivette senza tette”, “capelli fermi come il lago” e “parole appese a un gancio come quarti di vitello”: difficilissimo, ma a lui riusciva. Non ci è dato a oggi sapere se la giunta di Teramo tornerà sui suoi passi: sarebbe bello, e sarebbe il minimo. Se ciò non accadrà, sarà solo un altro esempio di ignoranza crassa. Pazienza: vorrà dire che la festa di compleanno la faranno, e faremo, altrove.

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