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Il passato che ritorna. Vorresti essere indifferente, ma non ci riesci. Perché certe esperienze ti segnano per sempre. L’anno trascorso sulla panchina della Juve è stato lo spartiacque della carriera di Maurizio Sarri: consacrazione da una parte, fine dell’utopia dall’altra. Consacrazione per essere riuscito ad approdare nella squadra più importante d’Italia e conquistare lo scudetto, che per uno che arrivava dalla gavetta tra i dilettanti equivaleva alla vittoria dell’Oscar per un cineasta di provincia. Ma la Juve è stata anche la fine dell’utopia: quella di portare il suo calcio in un top club. Sogno già in parte svanito l’anno prima al Chelsea e poi definitivamente tramontato in bianconero.
Corpo estraneo «A ottobre -raccontò Sarri la scorsa estate -riunii il mio staff e dissi loro: “Qui o continuiamo con le nostre idee e ci cacciano subito oppure cambiamo. Ci cacceranno lo stesso, ma a fine anno e dopo aver vinto qualcosa”. Le cose an-daronoproprio così». Quella tra lui e la Juve è stata sin dall’inizio un’avventura segnata da una incomprensione profonda con l’ambiente e con la squadra. Galeotta fu una frase che il Comandante si lasciò scappare dopo un’amichevole estiva, giocata male dalla Juve. «Ma come ho fatto a perdere lo scudetto con voi?». E, sempre a proposito di dichiarazioni al vetriolo, ci sarebbe stata poi quella finale in cui Sarri definiva «inalienabili» gli juventini. Un’affermazione che ieri il tecnico ha detto di non aver mai pronunciato. Ma resta la sostanza di un rapporto tra lui e la sauadra mai sbocciato.
Dove e come vedere Lazio – Juventus
Il match Lazio – Juventus non sarà trasmessa in Tv in chiaro. Le due squadre scenderanno in campo, sabato 20 novembre 2021. La partita sarà, quindi, trasmessa in esclusiva in Tv su Sky, collegandosi ai canali SKy Sport, Sky Sport Action e Sky Sport 4k, ai canali 253, 206 e 213. Sarà possibile, ancora, seguire il match in streaming, su dispositivi mobili portatili come Sky go, Infinity + e Now, dove si potrà anche acquistare il tagliando della singola partita. Il match non sarà comunque visibile in streaming gratis.
osa voleva dire Maurizio Sarri quando parlava di «squadra inalienabile» sbattendo la porta dalla quale usciva per sempre dalla storia della Juventus? Nessuna delle possibili interpretazioni, tuttavia, è stata presa bene dallo spogliatoio bianconero e dalla Juventus genericamente intesa. E se la parola vendetta è inutilmente violenta, la sfida di sabato pomeriggio fra il tecnico di Figline e la sua ex squadra non è una semplice rivincita. C’è qualcosa di più fra Maurizio Sarri e la squadra «inalienabile», che nel frattempo è di nuovo guidata da Massimiliano Allegri e ripropone quindi un’altra spigolosissima sfida nella sfida.
Nel 2021, nel calcio iper professionistico dove i campioni sono aziende, resta per fortuna una partita che, sevinta, può dare una soddisfazione umana in più e, se persa, può bruciare fastidiosamente. Di quelle dove sotto i sorrisi tirati dei saluti di prammatica frizza la voglia di dare una lezione all’avversario. La Juventus e Sarri non si sono lasciati bene. L’8 di agosto 2020, quindici mesi fa, si consumava un divorzio che, per alcuni, era iniziato nel giorno della presentazione.
Mondi distanti, forse troppo, modi di fare e forse di essere incompatibili fra di loro e, a condire tutto, circostanze pazzesche come una stagione interrotta dal Covid che ha sconvolto tutto e tutti.
Sarri e la Juventus, tuttavia, avevano capito che fra di loro qualcosa non funzionava quando nessuno sapeva ancora manco dove fosse Wuhan. Lo ha confessato Sarri medesimo in un’intervista di quest’estata ad Alfredo Pedullà: «A metà ottobre ho fatto una riunione con lo staff, ho detto loro di scegliere.
La mia domanda era: andiamo dritto per la nostra strada così andiamo a casa tra 20-30 giorni oppure facciamo compromessi e vinciamo lo scudetto sapendo che poi andremo a casa lo stesso? Abbiamo provato a vincere lo scudetto lo stesso». Dopo un paio di mesi, insemina, si era rotto qualcosa fra lui e la squadra, che pure all’inizio lo aveva accolto con curiosità e disponibilità. Dopo il quinquennio di Allegri, provare qualcosa di nuovo era uno stimolo. Ma evidentemente l’effetto novità è finito presto.
Perché? E approccio di Sarri può essere una risposta. Il suo vice al Chelsea, Luca Gotti, lo ha recentemente descritto cosà: «Maurizio è un ossimoro vivente. Fa convivere un’intelligenza estremamente raffinata con momenti di chiusura totale, in cui reagisce solo di pancia. Dal punto di vista professionale lo definirei un estremista concettuale». In un gruppo che veniva da otto scudetti consecutivi e composto da campioni che avevano vinto moltissimo anche in altri club, fra i quali spiccava Cristano Ronaldo con i suoi 5 Palloni d’Oro, evidemente l’estremismo concettuale aveva cozzato contro più di un ostacolo, fra ego ingombranti, abitudini consolidate e personalità forti.
E chissà, visto dalla parte degli allenamenti, l’effervescente gioco con cui Sarri aveva conquistato Napoli e il Napoli, era meno divertente del previsto. Fra qualche incomprensione, qualche attrito di gestione (o autogestione nel caso di campioni abituati da anni a una certa libertà) la squadra ha iniziato a soffrire Sarri e Sarri a soffrire la situazione in un ambiente nel quale lui non si sforzava di calarsi e che, per contro, non si sforzava di integrarlo.
Il suo modo di fare e il suo modo di esprimersi facevano alzare più di un sopracciglio in sede, anche perché la sua non-juventinità era evidente e, qua e là, aveva creato forti imbarazzi (vedi le dichiarazioni di gioia per la sconfitta contro il Napoli). Così come la scelta di non allenare sempre la squadra il giorno successivo alla partita, quando lavora chi non l’ha giocata: abitudine che, alla Juventus, comporta un implicito (anche se non voluto) snobismo con gente del calibro di Douglas Costa, Higuain, Khedira, Chiellini, Matuidi o De Ligt.
L’intelligenza di cui parla Gotti, tuttavia, ha consentito a Sarri di trovare il compromesso per arrivare a vincerelo Scudetto, anchese proprio nel finale di stagione si era consumato lo strappo finale in un rapporto progressivamente sfilacciata La squadra, alle fine del campionato, completato nella surreale logistica del Covid chiedeva riposo, staccare la spina per riattaccarla più rilassati prima del Lione. Sarri aveva un’opinione diversa. E questo aveva fatto saltare in aria il già fragile equilibrio su cui si reggeva il rapporto fra tecnico e giocatori.
Quello con Cristiano Ronaldo si era sgretolato già da un po’ Il portoghese («una multinazionale che ha degli interessi personali da abbinare a quelli della squadra», lo ha definito Sarri) mal sopportava certe sedute 11 contro zero per imparare le uscite in pressing alto. In fondo il più clamoroso elemento di incompatibilità fra Sarri che aveva in mente un tipo di calcio e la Juve composta da giocatori con caratteristiche inadatte a praticarlo. «Inalienabili», è stata la sentenza del primo. I secondi stanno pensando alla risposta da dare sabato.
Se provate a cercare su Google “giochiamo ogni tre giorni” oppure “si gioca ogni tre giorni”, vi apparirà una sfilza infinita di allenatori, giocatori, dirigenti e preparatori che commentano la cosa (in linea di massima sottolineandone la difficoltà). Perché giocare ogni tre giorni è ormai la prassi per i club impegnati nelle coppe europee. Una prassi rispetto a cui la Juventus si appresta però ad andare oltre: perché domani contro la Lazio la squadra di Massimiliano Allegri scenderà in campo per la prima di quattro sfide in undici giorni. Per la precisione, alla partita dell’O-limpico seguirà la trasferta di martedì a Londra contro il Chelsea, poi il confronto con l’Atalan-ta di sabato 27 all’Allianz Stadium e infine ancora una trasferta, martedì 30 a Salerno: la media è una partita ogni due giorni e 18 ore. Dopodiché i bianconeri potranno concedersi il lusso di ben quattro giorni per preparare Juventus-Genoa del 5 dicembre, primo impegno di un ciclo intenso ma normale da cinque partite in 17 giorni.
Basterebbe la frequenza, unita al fatto che tre partite su quattro richiederanno viaggi, a rendere complicato il poker di impegni che la Juventus si trova ad affrontare. Per giunta iniziando dopo una pausa per le Nazionali che ha tenuto gli uomini di Allegri lontani dalla Continassa e restituito i sudamericani con il solito surplus di fatica causato dal fuso orario. A tutto questo si aggiunge il fatto che le quattro sfide sono particolarmente delicate e impegnative di per sé e lo sarebbero, almeno tre, anche con una settimana per prepararle.
A cominciare dal confronto di domani contro la Lazio, quinta in classifica con 3 punti in più dei bianconeri. Priva di Ciro Immobile, è vero, ma pur sempre squadra dalle tante soluzioni offensive. Allo scontro diretto con i biancocelesti e l’ex Maurizio Sarri seguirà poi quello di sabato prossimo contro l’Atalanta di Gian Piero Gasperini: che in classifica è quarta e punti in più della Juventus ne ha 4. Due partite rischiose, di quelle in cui, come sostiene Allegri riguardo agli scontri diretti, «Può succedere di tutto». La squadra bianconera però dall’inizio del campionato ha perso e pareggiato troppe di quelle partite che invece sono tassativamente «da vincere», sempre citando l’Allegri pensiero. Per conservare l’ambizione di reinserirsi nella lotta Scudetto, dunque, non può permettersi più che negli scontri diretti succeda di tutto: deve succedere che la Juventus conquisti punti. Possibilmente 3 e possibilmente già domani a Roma e sabato contro l’Atalanta: dura, ma inseguire una rimonta su Napoli e Milan passa obbligatoriamente dal superare prove dure.
E passa anche dal non inciampare in quelle che sulla carta dure non lo sono. Come l’esempio perfetto di partita trappola in programma martedì 30 all’Arechi di Salerno. Dove la Salernitana giocherà con l’entusiasmo di una neopromossa che affronta i bianconeri dopo 22 anni abbondanti, spinta da uno stadio che sogna di rivivere l’impresa del 2 maggio 1999, quando Marco Di Vaio firmò un clamoroso 1-0. La squadra di Allegri invece dovrà evitare il rischio del calo di tensione dopo tre sfide di alto profilo, le due citate con Lazio e Atalanta e quella di martedì a Stamford Bridge contro il Chelsea.
Una sfida più pesante di quanto possa apparire a prima vista, pensando che la Juventus è già aritmeticamente qualificata agli ottavi, e non soltanto per il prestigio. A Londra i bianconeri si giocano ù primo posto nel girone, matematico con un successo e quasi con un pareggio, considerando che all’ultima giornata i 3 punti allo Stadium contro il Malmoe non dovrebbero essere in dubbio. E il primo posto, con annesso status di testa di serie nel sorteggio degli ottavi, può incidere tanto sul successivo cammino in Champions. Perché è vero che a una delle teste di serie toccherà comunque affrontare il Paris Saint-Germain (o il Manchester City, se il Psg sorpasserà gli inglesi) e ci saranno viceversa delle prime classificate abbordabili. E’ vero che nelle ultime due stagioni la Juventus ha vinto il proprio girone e trovato agli ottavi una squadra meno forte (Lione e Porto), ma ne è poi stata eliminata. Però Pavel Nedved sarebbe probabilmente più tranquillo se il 13 dicembre si presentasse a Nyon con la certezza che dall’urna non potranno uscire Bayern Monaco, Liverpool, Manchester City (o Psg) e (probabilmente) Reai Madrid.
E’ chiaro che a scendere in campo ogni due giorni e 18 ore non potranno essere gli stessi giocatori: anzi, sfruttare il turnover sarà fondamentale. Ed è probabile che il tour de force in arrivo consigli prudenza sull’impiego di Paulo Dybala domani all’olimpico. Ma di questo parliamo nella pagina a fianco.