Francesca Vecchioni chi è? 46 anni, figlia del cantante Roberto, fondatrice di Diversity,

Spettacolo e Tv

Francesca Vecchioni ha 46 anni, una ex compagna, due figlie gemelle di 9 anni che hanno due mamme, un babbo famoso, quel Roberto Vecchioni autore di alcune tra le più belle canzoni italiane, e una missione che persegue con passione da 15 anni: portare avanti i diritti delle donne e delle minoranze poco rappresentate dalla società, come le persone omosessuali, transessuali e quelle affette da disabilità. Per farlo, Francesca ha creato una associazione non-profit che si chiama Diversity che grazie alla collaborazione di numerose università studia quanto, come e dove i media italiani (tv, giornali, radio) parlano appunto delle donne e delle minoranze, cioè quanti siano “inclusivi”. Lo scopo, ovviamente, è quello di migliorare la situazione, favorire il dialogo, sensibilizzare tutti.

E fare informazione. Ma non è tutto perché Vecchioni fin all’inizio ci ha messo la faccia: nove anni fa è stata la prima donna a comparire sulla copertina di una rivista insieme alle sue figlie neonate e l’allora compagna. «Posso dire di essere stata la prima le mosbica italiana associata alla parola “famiglia” », sorride lei con orgoglio, mentre in un parchetto milanese vicino all’asilo dove andavano le sue figlie, facciamo pascolare la sua cagnolina Blu, un po’ acciaccata perché reduce da un ictus. «Quando si parla di omosessualità, le donne sono doppiamente discriminate. Io ho un cognome famoso e l’ho voluto sfruttare per comunicare un messaggio di amore e di normalità.

E pensare che, ai tempi, mi arrivarono un sacco di insulti e addirittura minacce vere e proprie». Non che le cose ora siano cambiate drasticamente: di omosessualità femminile si fatica a parlare, ma qualcosa è cambiato di certo. «Le mie figlie, che hanno nove anni, non mi hanno mai detto che sono prese in giro perché hanno due mamme, per esempio. Ma noi fin dall’inizio alle ragazze abbiamo spiegato tutto: la chiarezza è la chiave per non creare insicurezze.

E poi ci siamo sempre presentati ai genitori delle loro compagne, dicendo che eravamo disponibili a qualsiasi domanda e al dialogo ». L’aver avuto due genitori come i tuoi, nonché un padre artista, ti ha aiutata? «Certamente io stessa fin dall’inizio sono stata privilegiata, con i miei non ho avuto problemi. Per farmi capire che già sapeva tutto, mia madre mi invitò a uscire con una sua amica: era Vladimir Luxuria. Mentre mio padre, quando seppe che stavo con una donna, tirò un sospiro di sollievo, anzi mi mandò proprio a quel paese: siccome non gli parlavo mai della mia relazione, si era convinto che stessi con un pregiudicato».

Tornando al tuo impegno verso l’inclusività e all’associazione Diversity, quali sono le cose su cui ti batti di più? «Il nostro è ancora un paese fortemente maschilista. Quando si parla delle donne, per esempio, si tende sempre a compatirle: “Poverina, tra lavoro e figli diventa matta”, è una frase che si sente spesso dire riferita alle lavoratrici. La verità è che del lavoro femminile a questi uomini non interessa granché, tant’è vero che nel periodo della pandemia sono state le donne a perdere il lavoro, perché tanto loro “possono stare a casa con i figli”». Secondo l’Istat in seguito alla pandemia il 98% delle persone che sono state licenziate o che in qualche  do hanno dovuto rinunciare al loro stipendio sono donne. «Le differenze di genere, cioè legate all’essere donna o uomo sono ancora fortissime nel nostro Paese, nonostante il fatto che noi siamo la maggioranza della popolazione, il 51% per la precisione.

Per fortuna le cose si stanno evolvendo e con il nostro osservatorio ce ne stiamo rendendo conto: la questione del body shaming, cioè di come viene criticato malamente il corpo, soprattutto quello delle donne, sta molto cambiando grazie agli influencer». Da sei anni a questa parte tu e il tuo osservatorio date vita ai Diversity Media Awards, definiti gli Oscar dell’inclusione, che premiano i programmi tv, le serie televisive, i cartoni animati e i personaggi più attenti a queste tematiche. «Nel giro di pochissimi anni siamo diventati un appuntamento seguito e ricercato, soprattutto dai broadcaster come Netflix ma anche la Rai, che sono molto attenti a trattare tutti i temi in modo equo».

Prima della pandemia, la serata di assegnazione dei premi, tenuti segreti fino all’ultimo, era diventata un vero evento di gala con cena e show, a cui hanno partecipato tante personalità, da Paola Cortellesi a Salvatore Esposito, da Michela Murgia a Roberto Saviano. «Quest’anno tutto si è svolto a teatro qualche settimana fa, nel pieno del rispetto del Covid: a presentare la serata sono stati lo speaker di radio dj Diego Passoni e la scrittrice e attivista Marina Cuollo, che con il suo libro A Disabilandia si tromba, racconta con umorismo la sua esperienza come persona con disabilità. Come personaggi dell’anno sono stati premiati Chiara Ferragni e Fedez, ma sono andati riconoscimenti anche alle giornaliste Rai Bianca Berlinguer e Giovanna Botteri e alle serie Sex Education di Netlix e Skam Italia di TimVision. Le cose si stano davvero muovendo»

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