Come finisce Il braccio violento della legge: trama e spiegazione finale
Scrivere di uno dei film più iconici della storia del cinema non è mai semplice. The French Connection, un titolo che si impone già dalla lettura del nome, è un film che ha segnato una generazione. Ricordo ancora quando, da piccolo, leggevo i titoli delle VHS di famiglia, e tra gli altri c’era proprio “IL BRACCIO VIOLENTO DELLA LEGGE” (il maiuscolo è mio, perché questo titolo, tra gli altri, si imponeva), una pellicola che ha segnato profondamente il mio immaginario. Più cresciuto, l’ho visto molte volte con mio padre e, ovviamente, da adulto, non potevo perdere l’occasione di riviverlo al cinema.
La trama in breve
Jimmy Doyle, agente della squadra narcotici di New York, è un uomo dalla personalità scomoda, malvisto dai suoi superiori per i suoi metodi poco ortodossi. È impegnato nella lotta contro un grosso traffico di droga. Dopo un parziale insuccesso, il caso gli viene tolto, ma Doyle non si ferma. Continuando le indagini da solo, riesce finalmente a ottenere un importante risultato, ma le cose non vanno come previsto.
Fin dai titoli di testa, con il “The French connection” che ti colpisce come un pugno (grazie anche alla potente musica di Don Ellis), il film ci trascina in una spirale ossessiva, dove la ossessione è il tema centrale, non solo per il protagonista, ma anche per la struttura del film stesso.
Il regista e l’approccio innovativo
William Friedkin, già autore di tre ottimi film precedenti, si afferma con The French Connection come uno dei registi più influenti del suo tempo. La sua capacità di affrontare i generi e di porsi dietro la macchina da presa con uno stile unico lo consacra tra i grandi autori del cinema.
Un confronto inevitabile è quello con Bullitt, il film di Peter Yates con Steve McQueen protagonista, che anch’esso esplora il tema dell’ossessione, seppur in modo diverso. Entrambi i film presentano una New York mai vista prima, cruda e realistica. Tuttavia, Friedkin spinge l’esperimento cinematografico un passo oltre, con un realismo documentaristico e una violenza esposta in modo mai visto prima, come nel crudele incidente mostrato senza filtri.
Ossessione e violenza: la svolta del cinema anni ‘70
The French Connection è, senza dubbio, un film che ha cambiato le regole del gioco. La violenza mostrata non è solo un espediente narrativo, ma un elemento integrante della storia, che si mescola con l’ossessione del protagonista. L’inseguimento in macchina, uno dei momenti più iconici, non è solo una sequenza spettacolare, ma diventa l’espressione della volontà distruttiva del personaggio. In un’epoca in cui la computer grafica non esisteva, Friedkin ha creato uno degli inseguimenti più folli mai realizzati, che diventerà il paradigma del genere.
Il film non è solo un thriller poliziesco; è anche un dramma psicologico che esplora la natura dell’ossessione. Il protagonista, Popeye Doyle, interpretato da Gene Hackman, è un uomo che vive e respira solo per il lavoro, arrivando a usare metodi criminali per fermare i criminali. Il suo atteggiamento ossessivo, la sua lotta incessante contro il crimine, diventa una metafora di un’epoca in cui i valori morali erano sempre più sfumati.
Il confronto tra Hackman e Rey
La forza di The French Connection risiede anche nello scontro tra due personaggi opposti: Popeye Doyle, il brutale e ignorante poliziotto interpretato da Hackman, e Fernando Rey, il raffinato e spietato criminale. Questo contrasto tra i due protagonisti rappresenta il cuore pulsante del film, un duello psicologico che si consuma in una serie di mosse e contromosse, dove l’unico obiettivo è la vittoria, a qualsiasi costo.
La fotografia e la regia di Friedkin riescono a rappresentare le città in modo straordinario. New York appare come una fogna a cielo aperto, mentre Marsiglia è rappresentata come un luogo affascinante ma intrinsecamente violento. La colonna sonora, che scandisce il ritmo del film, non solo accompagna le scene, ma ne sottolinea la tensione crescente, facendo sentire ogni momento come se fosse il più importante.
L’eredità di “The French Connection”
L’uscita di The French Connection in un anno cinematografico ricco di film iconici, come Arancia meccanica, non solo lo consacrò come un capolavoro, ma lo fece diventare una pietra miliare del cinema poliziesco. Il film vinse 5 Premi Oscar, tra cui Miglior Film, e rimane ancora oggi un punto di riferimento per tutti i film del genere.
Il finale di The French Connection è uno dei più intensi e ossessivi della storia del cinema. Popeye, insegue il suo nemico, un fantasma, e in un atto finale di ossessione, spara al suo collega, uccidendolo. La telecamera lo segue mentre entra in un luogo abbandonato e oscuro, con l’eco di uno sparo che segna la fine. La scena si conclude con uno schermo nero, simbolo dell’ossessione che ha caratterizzato il film.
Dopo oltre cinquant’anni, The French Connection rimane uno dei film più influenti mai realizzati, un’opera che ha stravolto il poliziesco, il noir e il dramma, portandoli verso nuove vette. Friedkin, con la sua capacità di esplorare l’oscurità dell’animo umano, ha creato un film che continua a essere studiato e ammirato. Un’opera che ha tracciato la strada per i protagonisti ossessionati che caratterizzeranno il cinema degli anni ‘70, segnando l’inizio di un nuovo capitolo nella New Hollywood.