Martina Ciontoli e il permesso speciale per lavorare al bar, la madre di Vannini: “Non ha mai chiesto scusa”

Italia

Martina Ciontioli è stata condannata definitivamente a 9 anni e 4 mesi di carcere per concorso in omicidio volontario con dolo eventuale ai danni di Marco Vannini. Altri 9 anni e 4 mesi sono stati inflitti sia alla madre che al fratello di Martina, invece il padre Antonio Ciontoli è stato condannato a 14 anni in quanto ha sparato il colpo di pistola mortale.

L’avvenimento, molto scottante per l’opinione pubblica, continua a tenere banco e sollevare scarse polemiche, soprattutto a riguardo del trattamento riservato a Martina, ex fidanzata di Marco Vannini.

In ottemperanza ai dettami in materia diramati dalla Procura di Torino nel 2014, il Tribunale di Sorveglianza ha concesso a Martina il permesso di lavorare entro il Ministero di Grazia e Giustizia in un bar ogni giorno per lunedì a venerdì, dalle 7.30 alle 14.30.

Una notizia che è passata in sordina; una notizia su cui forse si tacque per non risvegliare fantasmi. Ancora una volta Marina, la madre di Marco Vannini, si è contraddistinta con esternazioni che non hanno lasciato indifferenti. Ai microfoni de Il Messaggero ha fatto sapere la sua: Martina Ciontoli detenuta modello? No, non me lo merita.

Non ci ha mai scritto nemmeno una lettera di scuse o di pentimento. È stata Martina Ciontoli a sparare, chissà cosa ci farebbe con le pistole. Ci chiediamo come possa essere considerata detenuta modello proprio lei, che non ha mai avuto il coraggio di cercarci, nemmeno per dirci che le dispiaceva per quanto accaduto. Si è veramente pentita? No, non credo. Tutte a sproloqui, soprattutto nessuno curò di scusarsi. Penso si possa glossare così, circostanza che legò me le mani e le gambe.

Marina, poi, ha confessato la propria supposizione che la verità sull’accaduto sia ancora nel coraggio di emergere: “Chi era con Marco? Solo chi era dentro quella casa la conosce, Martina inclusa. Eppure sembra che tutti vogliano il reinserimento sociale come se non fosse successo nulla.

E invece è successo qualcosa di terribile: ce lo hanno ammazzato. Nostro figlio, un ragazzo bellissimo che aveva ancora tanto da dare, ce lo hanno ammazzato. Chiedeva aiuto. Non posso dimenticarlo. Come si fanno dimenticare quelle urla nelle telefonate al 118, i disperati tentativi della chat di Marco Vannini di capire cos’era successo al suo corpo spiaccicato al suolo?”.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha confermato che tutti i membri della famiglia Ciontoli sono resposabili dell’accaduto, non solo Antonio che ha materialmente sparato il colpo di distrinzione avvenuto di notte. La Corte ritiene che i padri di familia fossero a conoscenza gravità del ferimento, basta pensare che nella stragrande maggioranza dei casi il proieezione è rimasta nel corpo della vittima, quindi nessuno dei padri avrebbe dovuto fare altro che cercare di allertare subito i socorri.

comportamneto questo che ha contribuito ad un gravissima omissione di soccorso. La vicenda non distoglie l’attenzione dei commerse e anzi appaiono continue risalite contrastanti, intrementre la famiglia Vannini resta a bussare chiusure alla porta giustizia.

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