Mia nipote è venuta a trovarci l’estate scorsa, ma quando ho aperto la sua valigia, ho chiamato sua madre in stato di shock
Quest’estate, mia nipote di 13 anni, Livia, è venuta a stare con noi per qualche settimana. Ero entusiasta di averla con noi, e lei sembrava altrettanto felice di passare del tempo qui. Livia è sempre stata una ragazza dolce e ben educata, quindi non mi aspettavo nessuna sorpresa quando è arrivata.
Ma mi sbagliavo. E di grosso.
Il giorno del suo arrivo, l’ho aiutata a portare la valigia nella camera degli ospiti. Lei correva per la casa, esplorando ogni angolo con entusiasmo, così ho pensato di aiutarla a disfare i bagagli per farla sentire subito a casa.
Mi aspettavo di trovare le solite cose: vestiti, magari qualche libro e il suo peluche preferito. Ma quando ho aperto quella valigia e ho tirato giù la cerniera, quasi mi è caduta di mano.
Proprio sopra i vestiti ordinatamente piegati e sopra una pila di libri, c’erano banconote arrotolate e un cellulare che non avevo mai visto prima.
Ho sbattuto le palpebre, confusa, cercando di capire cosa stessi guardando. Ho tirato fuori il telefono e le banconote. Non erano pochi soldi — c’erano almeno mille euro lì dentro. Ho sentito il cuore accelerare.
In quel momento, Livia è entrata nella stanza con un sorriso innocente sul viso.
“Nonna, hai bisogno di aiuto?”
Ho cercato di mantenere la calma, ma sentivo il cuore battere forte nel petto.
“Livia,” ho detto piano, “puoi spiegarmi cosa ci fanno questi soldi nella tua valigia?”
Livia sgranò gli occhi. Il suo sorriso svanì immediatamente. Si morse il labbro e abbassò lo sguardo, visibilmente nervosa.
“Io… Nonna, non è niente di che,” balbettò.
“Non è niente di che?” dissi, cercando di mantenere la voce calma. “Livia, sono un sacco di soldi. Da dove vengono?”
Lei restò in silenzio per un lungo momento. Poi, dopo un respiro profondo, sussurrò:
“Sono di mamma.”
Il mio cuore si fermò per un istante.
“Di tua madre?” ripetei. “Tua madre ti ha dato tutti questi soldi?”
“No,” rispose Livia, guardandomi con occhi lucidi. “Li ho trovati nel suo armadio.”
Sentii un’ondata di panico mescolato a confusione. Perché mai la madre di Livia avrebbe nascosto così tanti soldi?
“E il telefono?” chiesi.
Livia esitò, poi disse:
“Non è di mamma. È di un uomo che viene spesso a casa. Mamma ha detto di non parlarne con nessuno, ma l’ho preso quando ho trovato i soldi.”
Mi si gelò il sangue nelle vene.
“Che tipo di uomo?” chiesi, cercando di mantenere la voce stabile.
“Non lo so. Mamma lo chiama Carlo. Lui viene spesso, parla con mamma in cucina, e poi le dà dei soldi. Una volta l’ho sentito dire che se mamma non faceva quello che voleva, avrebbe avuto problemi.”
Problemi.
Improvvisamente tutto sembrava prendere una piega molto più oscura di quanto avessi immaginato.
“Hai mai sentito tua mamma litigare con quest’uomo?” le chiesi.
“Sì,” annuì Livia. “Un paio di volte. Lui gridava, diceva che mamma gli doveva qualcosa. Poi mamma piangeva.”
Chiusi gli occhi per un momento, cercando di mettere insieme tutti i pezzi. Mia figlia era nei guai. Grossi guai.
Presi il telefono e iniziai a scorrere tra i messaggi. La maggior parte erano numeri sconosciuti, ma ce n’era uno che ricorreva spesso, con messaggi che dicevano cose come:
“Non farmi aspettare.”
“Sai cosa succede se non mi paghi.”
“Non pensare di poterti nascondere.”
Sentii un nodo formarsi nello stomaco.
“Livia, vai di sotto e guardati un film. Devo fare una telefonata.”
Lei annuì lentamente e uscì dalla stanza. Non appena se ne andò, composi il numero di mia figlia.
“Sofia?” dissi non appena rispose.
“Mamma? Tutto bene?”
“No. Dobbiamo parlare. Subito.”
Potevo sentire il panico nella sua voce.
“Mamma… cosa è successo?”
“Perché Livia ha trovato un telefono e un sacco di soldi nella sua valigia? E chi è Carlo?”
Sofia rimase in silenzio. Poi la sentii singhiozzare dall’altra parte della linea.
“Mamma, io… io non so da dove cominciare,” disse con la voce rotta. “Ho fatto degli errori. Carlo… Carlo è un usuraio. Mi ha prestato dei soldi quando ero disperata, ma adesso li rivuole. E con gli interessi. Io non so come fare…”
Chiusi gli occhi, sentendo il cuore spezzarsi.
“Perché non me ne hai parlato?” sussurrai.
“Ero imbarazzata,” rispose Sofia. “Non volevo che tu pensassi che ero una fallita.”
“Sofia, ascoltami bene. Torna subito a casa. Parleremo con la polizia e sistemeremo questa situazione. Ma devi fidarti di me.”
“Pensi che la polizia possa aiutarci?” chiese con voce tremante.
“Farò di tutto per proteggerti,” promisi. “E per proteggere Livia.”
Pochi giorni dopo, la polizia avviò un’indagine su Carlo. Scoprirono che era coinvolto in un giro di prestiti illegali e minacce. Venne arrestato e, grazie alle prove trovate nel telefono, fu condannato.
Sofia si trasferì da noi per un po’ di tempo, per rimettere in sesto la sua vita. Livia tornò ad essere la ragazzina felice e spensierata che conoscevo.
Un giorno, mentre sistemavo le lenzuola nella stanza degli ospiti, Livia mi abbracciò forte.
“Grazie, nonna,” sussurrò.
“Di cosa?” le chiesi, accarezzandole i capelli.
“Per averci salvate.”
Le sorrisi, stringendola a me. Sapevo che c’era ancora tanta strada da fare, ma eravamo finalmente al sicuro.
