Chi era Egea Haffner, la bambina con la valigia che affrontò il dramma delle foibe

Italia

A soli quattro anni, Egea Haffner fu costretta a lasciare l’Istria. La sua storia è oggi un simbolo di memoria e di resilienza. Ci sono immagini che, più delle parole, raccontano storie di dolore e coraggio. Una di queste è quella di Egea, conosciuta come “la bambina con la valigia”. Nella fotografia in bianco e nero, scattata il 6 luglio 1946, si vede una bimba di neanche quattro anni, vestita con un gonnellino a quadretti rosa e gialli, calzette con il risvolto tipico dell’epoca e una piccola valigia con la dicitura “Esule giuliana n. 30001”. Quella valigia non era solo un oggetto: era il simbolo dell’esodo forzato, della vita strappata e di un futuro da ricominciare.

La fotografia di Egea è oggi esposta al Museo della Guerra di Rovereto ed è anche la copertina del libro di Gigliola Alvisi, La bambina con la valigia, destinata a rievocare i drammi di una umanità: quella degli italiani sradicati dalla terra istriana e dalmata al termine della Seconda Guerra Mondiale. La scritta sulla valigia, “Esule giuliana n. 30001”, non è casuale: ricorda i 30.000 italiani di Pola costretti a fuggire dalla loro terra natale per cercare rifugio altrove.

Egea Haffner dovette separarsi dal sorriso di suo padre Kurt, che le profumava di acqua di colonia. Padre Kurt fu sottratto a sua madre, che viveva a Trieste, a Barcola. Quella mattina, il padre si annodò un foulard al collo e uscì. Nessuno lo vide rientrare. Si scoprì giorni dopo che quel foulard era al collo di un titino. Orfana di padre, Egea fu affidata a una nonna severa ma affettuosa e a una zia che si fece carico di lei. A Bolzano, riuscirono a rifarsi una vita, ma la zia dovette poi fuggire in Sardegna, costringendo nuovamente Egea a ricominciare da zero.

Egea discende da una famiglia di Istriani che, prima della guerra, risiedeva a Pola, città che un tempo apparteneva all’Italia, ma oggi è sotto bandiera croata. Durante la guerra, passava le giornate tra il rifugio antiaereo, la villa dei nonni e la gioielleria del padre. Quando i titini occuparono l’Istria, iniziò per Egea e per migliaia di italiani un incubo che sembrava senza fine. A soli quattro anni, Egea si trovò a dover scegliere: rimanere su un suolo che non era più italiano e diventare, di fatto, straniera, o fuggire verso l’ignoto. Fuggire significava perdere tutto: la casa, forse il lavoro, gli amici, e forse anche il senso di appartenenza.

Oggi, a 84 anni, Egea Haffner è diventata un simbolo della memoria storica legata all’esodo giuliano-dalmata e alle atrocità delle foibe. La sua biografia è la voce di un’intera generazione. Ricordare i drammi del passato è fondamentale per costruire un futuro migliore. La fotografia della “bambina con la valigia” non è solo un’immagine: è un monito per tutti affinché le sofferenze sopportate da migliaia di famiglie non vengano mai dimenticate.

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