Rifiutano trasfusione per il figlio di 2 anni con sangue di vaccinati Covid, Cassazione: “L’ospedale ha l’ultima parola”
Una sentenza storica ribadisce che la salute dei bambini prevale su credenze personali e religiose, affrontando il delicato tema delle trasfusioni di sangue
La Corte di Cassazione ha emesso una sentenza che ha fatto discutere, stabilendo che il diritto alla salute del minore prevale su qualsiasi richiesta basata su motivazioni personali o religiose. Il caso, che ha coinvolto un bambino di soli due anni, ha acceso il dibattito su temi come le trasfusioni di sangue, i vaccini Covid e le convinzioni personali dei genitori.
Nel gennaio 2022, un bambino modenese necessitava di un intervento chirurgico urgente a causa di una grave malformazione cardiaca. Durante la fase di preparazione all’operazione, i genitori avevano espresso il loro consenso alla trasfusione di sangue, ma con una condizione particolare: il sangue doveva provenire esclusivamente da donatori non vaccinati contro il Covid-19.
Questa richiesta era motivata da due ragioni principali. Da un lato, i genitori sostenevano che i vaccini fossero stati sviluppati utilizzando linee cellulari provenienti da feti abortiti, una posizione legata alle loro convinzioni religiose. Dall’altro, temevano che la presenza della proteina Spike, associata al vaccino, potesse rappresentare un rischio per la salute del figlio. Tuttavia, queste preoccupazioni sono state respinte dai medici e dall’ospedale, che hanno sottolineato l’impossibilità di tracciare lo stato vaccinale dei donatori.
La risposta dell’ospedale e l’intervento legale
Nonostante gli sforzi dei genitori, che avevano cercato autonomamente donatori non vaccinati, l’ospedale ha ribadito l’impossibilità di accettare donazioni di sangue al di fuori dei protocolli internazionali. Inoltre, i tempi stretti richiesti dall’operazione rendevano impraticabile qualsiasi alternativa non standardizzata.
L’Asl locale si è quindi rivolta al Giudice tutelare di Modena, chiedendo un’autorizzazione urgente per procedere con l’intervento chirurgico senza vincoli legati alle richieste dei genitori. Il giudice ha accolto la richiesta, autorizzando i medici a prendere le decisioni necessarie per salvaguardare la salute del bambino. È stato inoltre nominato il direttore generale dell’Asl come curatore del minore per garantire la tutela dei suoi diritti.
Il ricorso in Cassazione: una decisione definitiva
Non soddisfatti della decisione del giudice tutelare, i genitori hanno presentato ricorso in Corte di Cassazione, ma anche in questo caso la risposta è stata negativa. La Prima Sezione Civile ha sottolineato che nel caso di un bambino così piccolo non si può parlare di una “identità religiosa” definita, poiché si tratta di un aspetto che potrebbe evolversi nel tempo e divergere dalle scelte dei genitori.
Per quanto riguarda la presunta pericolosità della proteina Spike, la Corte ha evidenziato che non esiste alcuna evidenza scientifica a supporto di questa tesi. Inoltre, ha chiarito che controllare lo stato vaccinale dei donatori non avrebbe comunque eliminato il rischio di esposizione alla proteina Spike, che può essere presente anche in persone contagiate dal virus.