L’Italia potrebbe presto proibire il velo islamico, non solo nelle scuole
Il caso di Monfalcone riapre il dibattito sull’uso del niqab nelle scuole italiane. Tra diritti, integrazione e leggi, ecco cosa sta succedendo.
Il dibattito sull’uso del niqab a scuola si infiamma in Italia dopo il caso di Monfalcone, dove una prassi non codificata ha sollevato interrogativi su integrazione, libertà personale e rispetto delle norme. Il Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, Marina Terragni, ha espresso preoccupazione per la condizione delle ragazze che indossano il niqab durante le lezioni, sollevando il tema della loro effettiva inclusione nel contesto scolastico e sociale.
Il Ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, ha preso posizione sul tema, sostenendo che è necessario un intervento normativo. “La scuola deve essere un luogo di vera integrazione, di relazioni umane solide e trasparenti. Senza una legge chiara, non si può chiedere ai dirigenti scolastici di assumersi responsabilità che vanno oltre le loro competenze”, ha dichiarato il ministro, difendendo l’operato della dirigente scolastica del liceo Sandro Pertini di Monfalcone.
Il caso Monfalcone: una prassi che divide
A Monfalcone (Gorizia), cinque studentesse di fede islamica, molte delle quali di origine bengalese, seguono una procedura particolare prima di entrare in classe: in una stanza appartata, la referente scolastica verifica la loro identità alzando il velo nero. Sebbene questa pratica non sia codificata, è stata adottata per garantire la sicurezza e la riconoscibilità delle studentesse.
Tuttavia, secondo alcuni, questa soluzione temporanea non basta a risolvere il problema di fondo. Per la Lega, ad esempio, “il velo a scuola non è integrazione ma sottomissione”. Il partito ha già avanzato una proposta di legge per vietare l’uso del niqab nei luoghi pubblici, chiedendone una calendarizzazione urgente. Anche Carlo Calenda, leader di Azione, si è espresso in modo netto: “È inaccettabile che in Italia venga consentito l’uso del niqab a scuola. Non solo è uno strumento di oppressione delle donne, ma viola anche la normativa sulla riconoscibilità nei luoghi pubblici”.
La scuola tra libertà e regole
Il tema tocca corde delicate come la tutela dei diritti individuali, la parità di genere e il rispetto delle tradizioni culturali. Marcello Pacifico, presidente dell’Anief, sottolinea l’importanza di un codice di comportamento chiaro per le scuole secondarie: “La scuola deve essere laica, rispettare i costumi ma anche promuovere la parità di genere, una sfida ancora aperta nella nostra società”.
D’altra parte, Vito Carlo Castellana, coordinatore della Gilda degli insegnanti, pone l’accento sul ruolo educativo della scuola: “La scuola educa alla libertà di pensiero, all’autonomia e all’integrazione. Tuttavia, le tradizioni culturali devono sempre rispettare i diritti dei minori e la loro libertà”.
Verso una nuova legge?
L’ipotesi di una legge specifica per regolamentare l’uso del niqab nelle scuole e nei luoghi pubblici sembra farsi strada. La questione, però, resta complessa: da un lato c’è il diritto alla libertà religiosa e culturale; dall’altro c’è la necessità di garantire la sicurezza e promuovere un’integrazione autentica.
Mentre il dibattito prosegue, resta chiaro che la scuola italiana si trova al centro di un confronto che va oltre le aule: si parla di valori fondamentali come la dignità personale, la libertà e l’uguaglianza. E forse proprio da qui bisogna ripartire per trovare soluzioni che rispettino tutti.