Chiedono aumento, operai legati a catene, torturati e umiliati per ore dal datore: video choc in Libano
Il calvario sarebbe proseguito per quasi nove ore. A filmare la scena sarebbero stati gli stessi aguzzini che erano anche armati e avrebbero minacciato di morte gli operai agricoli.
Denudati, legati con delle catene e infine torturati e umiliati per ore dal datore di lavoro e dai suoi collaboratori solo perché avevano osato chiedere uno stipendio più consono alla loro attività di operai agricoli. La terribile vicenda arriva dal Libano dove è venuta a galla solo grazie a un video diffuso sui social e poi sui media locali e che ha portato infine all’arresto del datore dei suoi collaboratori.
Il terribile filmato risale al 20 giugno scorso e ritrae l’imprenditore locale Charbel Tarabey e quattro suoi collaboratori che frustano, picchiano, insultano e deridono sedici operai agricoli tra cui anche alcuni minori. Nel video si vedono le vittime in mutande, allineate in piedi di fronte a un muro, legate a catene, ciascuno con una patata infilata nella bocca in segno di derisione. Poi si sentono le urla di Tarabey e dei complici, tutti arrestati, che urlano agli operai mentre vengono percossi ripetutamente e insultati.
Secondo quanto ricostruito dalla polizia libanese, i fatti si sarebbero consumati nella zona di Akura, nel distretto montagnoso di Jbeil, a nord-est di Beirut, dove le vittime lavoravano alla raccolta delle ciliegie. Alla base delle violenze ci sarebbero le legittime richieste economiche da parte degli operai, tredici siriani e tre libanesi, che avrebbero scatenato la reazione del datore. Secondo l’avvocato delle vittime, dopo 17 giorni di duro lavoro, Tarabay aveva pagato meno di otto giorni di lavoro.
Secondo il racconto delle vittime, sarebbero stati accusati di furto e quindi torturati per lunghe ore con fili elettrici, martelli, bastoni, storditi con getti di acqua gelata e scariche elettriche. Il calvario sarebbe proseguito dal primo mattino e fino alle 15 circa, cioè per quasi nove ore. A filmare la scena sarebbero stati gli stessi aguzzini che erano anche armati e avrebbero minacciato di morte i braccianti.
L’imprenditore è ora in stato di fermo con i suoi collaboratori con l’accusa di “sequestro di persona, torture, minacce e uso di armi”. “Rischiano solo una condanna minima di tre anni” ha avvertito però l’avvocato delle vittime. La vicenda ha avuto ampio risalto nel paese e, come scrive L’Orient-Le Jour, ha spinto a intervenire lo stesso ministro degli interni libanese, Bassam Mawlawi, e il capo della polizia Imad Osman,