Le parole di Cannavacciuolo su lavoro e gavetta sono le più sagge pronunciate finora da uno chef
Antonino Cannavacciuolo ha le idee chiare sul suo futuro – l’ampliamento della catena di ristoranti Laqua dalla Penisola Sorrentina alla Toscana, il sogno di una terza stella Michelin – ma soprattutto ha le idee altrettanto chiare sulle sue radici. E su quanto lavoro ci sia voluto per arrivarci: gli inizi a Vico Equense, la scuola alberghiera, il ruolo padre Andrea, la gavetta nei piccoli e grandi ristoranti italiani e esteri, le condizioni di lavoro spesso proibitive, le retribuzioni scarse se non inesistenti.
Però, come tutti quelli che hanno ben chiari i sacrifici, lo chef napoletano non pretende che la vita altrui sia una lunga catena di privazioni e sofferenze: spera invece che nel corso degli anni il progresso porti miglioramento nelle condizioni di vita di chi lavora e nelle retribuzioni.
Non stupiscono, quindi, le parole del protagonista di Masterchef e Cucine da incubo, quando si parla di stage, gavetta e condizioni di lavoro. Antonino Cannavacciuolo parlando di questi temi delicatissimi, sui quali altri chef o personaggi televisivi che si muovono nel mondo della cucina italiana hanno fatto enormi scivoloni, si dimostra equilibrato e consapevole del mondo in cui vive. Al Corriere della Sera spiega la sua opinione in merito:
Io ho cominciato da ragazzo facendo stage gratis e pagandomi l’alloggio in Francia. Ma la mia è stata una scelta che ho voluto fortemente fare. I tempi, però, sono cambiati: una giusta gavetta quando si è giovani ci vuole ma chi lavora oggi chiede, oltre a uno stipendio degno, più qualità e tempo a disposizione.
Del resto, è il mondo che cambia: mio padre ha lavorato più di me, io ho fatto qualcosa di meno rispetto a lui e i miei figli probabilmente lavoreranno un poco di meno rispetto a me.
Non solo: da imprenditore ormai affermato, insieme alla moglie Cinzia Primatesta, Cannavacciuolo sa bene che il problema non sono i «giovani che non vogliono lavorare» ma va ricercato in una molteplicità di fattori: «Per esempio, la pressione fiscale terribile per un imprenditore». E altrettanto saggiamente pone il problema senza millantare ricette: «La soluzione non ce l’ho, non sono un politico – conclude – sono solo un cuoco».