Omicidio Yara, Massimo Bossetti dal carcere: “Non ho commesso il reato: non si vuole cercare la verità”
“Chi doveva garantire l’efficacia, l’integrità e l’idoneità di tutti i reperti? Bossetti o qualcun altro? Sarebbe, ben più utile che ora tutti si facessero una minima riflessione di come si continui nel volermi additare ed evidenziare attraverso i media, per un reato terribile, atroce e vergognoso che non ho commesso!”, così Massimo Giuseppe Bossetti in una lettera scritta di suo pugno in carcere e indirizzata a Marco Oliva, conduttore del programma tv “Iceberg” in onda su Telelombardia.
La missiva che verrà mostrata questa sera in diretta durante la messa in onda della trasmissione contiene quello che sembra essere un lungo sfogo dell’operaio di Mapello condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, la ginnasta 13enne di Brembate di Sopra, scomparsa il 26 novembre 2010 e trovata morta in un campo il 26 febbraio 2011. Bossetti punta il dito contro chi avrebbe dovuto assicurarsi della corretta conservazione dei reperti utilizzati durante il processo che secondo la difesa dell’operaio avrebbero potuto avere un ruolo fondamentale per chiarire il suo coinvolgimento nell’omicidio di Yara.
“Spesso mi domando qual è o quale sia il limite della sopportazione per un cuore già fin troppo stremato dalle durissime faticose, tortuose battaglie, quando fin dall’inizio era così semplice nell’evitarmi tutto – continua Bossetti nella sua lettera – ecco la verità dove si nasconde… Dove non la si vuole cercare! La mia rabbia si cela dietro ad una verità insabbiata, da anni deteriorata!!! Grazie a coloro che mi hanno rovinato la vita e verso chi ad oggi ha concesso tutto questo assurdo, vergognoso scandalo”.
Nei mesi scorsi la Procura della Repubblica di Venezia ha chiesto l’archiviazione del fascicolo aperto dal procuratore aggiunto Adelchi D’Ippolito in seguito alla denuncia presentata dai legali di Bossetti che ha accusato un giudice e una funzionaria del tribunale di Bergamo di aver depistato le indagini. Secondo i pm veneziani infatti “non è emersa alcuna prova di un piano orchestrato allo scopo di depistare eventuali nuove indagini difensive, lasciando intenzionalmente deperire il Dna di Ignoto 1”.
La difesa di Bossetti aveva chiesto di riesaminare lo stato di conservazione di alcuni reperti che la Procura aveva giudicato secondari nel processo con la speranza di arrivare a una revisione della sentenza che ha condannato il muratore all’ergastolo: “Se questi reperti fossero stati mal conservati – aveva dichiarato l’avvocato Salvagni – sarebbe un problema e si scatenerebbe un terremoto”.