David Sassoli chi ? Età, ricovero, malattia, cosa ha avuto, moglie, figli e causa morte
David Sassoli (Firenze, 1956-Aviano, 2022), presidente del Parlamento europeo, è morto questa mattina al Centro di Riferimento Oncologico (CRO) di Aviano in cui era ricoverato dal 26 dicembre. Il suo portavoce, Roberto Cuillo, ha annunciato lunedì il peggioramento della salute di Sassoli: “Il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, è ricoverato in ospedale in Italia dal 26 dicembre. Il ricovero in ospedale ha seguito una grave complicazione dovuta alla disfunzione del sistema immunitario”.
Sassoli era già a poche settimane di pausa a cavallo dell’estate a causa di una polmonite che è stata diagnosticata a metà settembre durante la plenaria. È stato poi trasferito all’ospedale civile di Strasburgo dove è stato curato.
Famiglia e carriera
Nato a Firenze nel 1956 David Sassoli, è un giornalista, un conduttore televisivo e dal 3 luglio del 2019 anche Presidente del Parlamento Europeo. E’ sposato con Alessandra Vittorini, architetto e PhD Dottore di ricerca in Pianificazione territoriale e urbana. Nel 2015 è passata al vertice della Soprintendenza Unica Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città di L’Aquila e i Comuni del cratere. La coppia, molto riservata, ha due figli Livia e Giulio. Prima di trasferirsi a Bruxelles, l’intera famiglia di Sassoli viveva a Roma.
Sassoli si è riunito alla fine di ottobre e ha mantenuto la normale attività fino al suo ricovero il 26 dicembre. Il 18 gennaio, la sua sostituzione come presidente del Parlamento europeo sarà votata alla fine della legislatura, momento in cui le posizioni del Parlamento europeo saranno rinnovate.
Giornalista, cattolico e con profonde convinzioni democratiche. David Sassoli (PD/S&D) è diventato presidente del Parlamento europeo nell’estate del 2019 quasi al timone e dopo il patto a porte chiuse tra i 27 capi di Stato e di governo che ha diviso le principali posizioni istituzionali dell’UE. Sassoli divenne presidente del Parlamento europeo con i voti, fondamentalmente, dei conservatori, dei liberali e quelli del suo caucus, il socialista.
Inizialmente, il nome che i socialisti avevano in mente era quello del presidente del loro partito europeo, il bulgaro Sergei Stanishev, ma era un nome con pochissimo riconoscimento nel Parlamento europeo. Così alla fine è toccato agli italiani, sempre pronti, in un momento in cui la Lega di Matteo Salvini governava ancora con il M5S.
Ma fin dal primo giorno ha cercato di espandere quella maggioranza verso i Verdi e la Sinistra. Sassoli capì che la Grande Coalizione allargata stava spingendo i socialisti a destra, dove la competizione tra popolari, ultraconservatori e ultradestra disegnava un campo di gioco scivoloso per i socialisti.
Il coronavirus è stato il grande elemento che ha attraversato la presidenza di Sassoli, nella sua dimensione sociale, sanitaria ed economica. E, per il pubblico spagnolo, l’accesso alla sede dei leader indipendentisti Carles Puigdemont, Toni Comín e Clara Ponsatí, grazie a una sentenza della CGUE e nonostante i tribunali spagnoli.
Sassoli ha sempre compreso la complessità del coronavirus, che richiedeva una maggiore integrazione europea per rispondere alle sfide sociali.
“L’egoismo nazionale non aiuta il Paese stesso a proteggersi dalle difficoltà e dalle dinamiche globali che, se entrano in casa tua, ti fanno molto male. Penso che questa sia la lezione principale del coronavirus”, ha detto Sassoli all’inizio della pandemia in un’intervista a elDiario.es: “Dobbiamo capire come i fenomeni globali oggi ci rendano tutti interdipendenti, e dobbiamo capire che la risposta non può essere, ad esempio, quella dei nostri Stati, ma abbiamo bisogno di una risposta europea alle sfide globali. Non saremo mai in grado di rispondere con i nostri Stati nazionali, che possono essere tutti importanti, ma non necessariamente forti nel rispondere a questo tipo di sfide. Molte cose cambieranno e cambierà il modo in cui guardiamo alla globalizzazione e ai suoi meccanismi. Cambierà la nostra organizzazione: abbiamo visto, ad esempio, quanto sia difficile rispondere a un’emergenza come il COVID-19. Cambierà la nostra percezione di essere europei, l’importanza di essere europei. In tutto questo abbiamo bisogno di rafforzarci, non possiamo permetterci di smettere di andare avanti o pensare che qualcosa dall’esterno ci aiuterà a farlo. No, dobbiamo farlo come europei e dobbiamo farlo tutti insieme. Dopo la seconda guerra mondiale, il Piano Marshall è stato un aiuto che è venuto da fuori Europa, ma oggi dobbiamo trovare le risorse e la risposta in Europa. È una crisi che mette in discussione tutte le nostre certezze. Ma dobbiamo anche avere la forza, il coraggio e la speranza di saper uscire dalla crisi”.
La risposta europea
Per Sassoli era fondamentale che l’Ue fosse in grado di articolare quella risposta, cosa che in parte è stata fatta con l’approvazione del fondo di recupero di 750.000 milioni di euro e gli acquisti della BCE per un valore di 1,8 trilioni.
“Dobbiamo uscire dal COVID-19 non solo con la solidarietà, ma anche con l’uguaglianza. Dobbiamo riflettere su forti cambiamenti”, ha spiegato prima dell’estate in un’altra intervista a elDiario.es: “Le norme del passato hanno generato disuguaglianze. Vogliamo che queste disuguaglianze siano ridotte dopo covid-19. E questo è il compito che spetta in questo momento alle istituzioni europee e ai governi nazionali. Negli ultimi mesi abbiamo avuto strumenti utili che sono stati messi sul tavolo. Anche molte risorse, ma probabilmente non serviranno a uscire dalla crisi. Sarà necessario fare di più. Altre invenzioni sono necessarie, perché tutto ciò che l’Unione europea ha sviluppato in questi mesi è frutto di invenzioni. Si parla già oggi di dare sostenibilità ad alcuni strumenti come SURE. Se prima della crisi avessimo detto aiutiamo i lavoratori, le imprese, a mantenere gli aiuti con debito comune, cosa avrebbero detto di me? Questo ha difeso le cose del passato, e oggi abbiamo la possibilità di avere quello strumento. Credo che dobbiamo guardare con fermezza a questi nuovi strumenti, di cui le nostre società e i nostri cittadini hanno tanto bisogno. C’è molta povertà nella nostra società, non possiamo permetterci che aumenti, dobbiamo ridurre la povertà. Questa è la battaglia che dobbiamo combattere”.
Sassoli, giornalista, conduttore del telegiornale serale 1 della RAI tra il 2006 e il 2009, quando aderisce per la prima volta al Parlamento Europeo, approda al Partito Democratico con una cultura politica del cristianesimo di sinistra, a differenza di altri quadri politici del PD che si sentono ancora eredi del PCI un tempo potente. E quella prospettiva sociale lo ha accompagnato nel suo discorso: “Veniamo da molti anni in cui tutti i paradigmi economici hanno portato a disuguaglianze e la stessa idea di crescita ha portato anche alla disuguaglianza, perché pochi sono cresciuti e molti non sono cresciuti. La pandemia ha aumentato tutto questo. Pertanto, credo che ora sia necessaria una seconda fase, con una maggiore redistribuzione e una maggiore uguaglianza”.
Prospettiva sociale, e anche democratica, tipica di un paese che ha costruito la sua democrazia sulla sconfitta del fascismo. Il 25 aprile 2020, in occasione del 75° anniversario della caduta del fascismo in Europa, Sassoli ha gridato “ora e sempre, resistenza” nel suo discorso: “Il 25 aprile 1945, il Comitato di Liberazione Nazionale d’Italia proclamò l’insurrezione in tutti i territori occupati dai nazifascisti. ‘ Arrendersi o morire!’ era il santo e il segno dei commando partigiani. Questo giorno segna la caduta del fascismo e l’espulsione dei nazisti dall’Italia. La storia della Repubblica inizia lì, il referendum ha sancito la fine della monarchia e subito dopo è nata la nostra Costituzione, fondata sui valori della libertà e dell’antifascismo. Non dobbiamo mai dimenticare quegli uomini e quelle donne che hanno preso la decisione di combattere e ribellarsi alla guerra, anche semplicemente disobbedendo alla dittatura. Molti di loro sono caduti gridando “Lunga vita alla libertà”. Non dimentichiamo il loro sacrificio. Grazie a loro oggi siamo liberi”.
L’antifascismo è stato così presente come presidente del Parlamento europeo che ha persino avvertito che “non c’è spazio per la glorificazione di alcuna dittatura” dopo una campagna revisionista di Hermann Tertsch. Sassoli ha risposto al gruppo Memoria Storica del Parlamento europeo, che protestava contro una mail dell’eurodeputato Vox in cui lanciava una campagna piena di bufale per “proteggere la Santa Croce della Valle dei Caduti”.
Sassoli, in risposta a una lettera del gruppo Memoria storica del Parlamento europeo che denuncia i commenti di Tertsch, ha dichiarato: “Il governo legittimo, costituzionalmente e democraticamente eletto della Repubblica spagnola è stato rovesciato da un colpo di stato. Colui che guidò quella rivolta, il generale Franco, era un dittatore e il suo regime praticava la sistematica persecuzione ed eliminazione dei suoi avversari politici. Incolpare i partiti che hanno sostenuto quel governo di ‘distruggere la democrazia e le libertà’ non è discutibile, è una falsificazione della storia”.
La sentenza che ha reso Puigdemont un eurodeputato
La sentenza del 19 dicembre 2019 è stato uno dei momenti più delicati del mandato di Sassoli. È stato accolto come una battuta d’arresto da socialisti, popolari,cittadini e Vox. Ma Sassoli è stato chiaro, e si era preparato nelle settimane precedenti a quell’ipotetico scenario che poi è diventato realtà: così la CGUE stabilisce che lo status di eurodeputato è dato dai voti, Puigdemont e Comín dovevano diventare eurodeputati, con sei mesi di ritardo. E così è stato.
Il 12 novembre 2019 le conclusioni dell’avvocato generale dell’UNIONE europea erano pervenute dinanzi alla CGUE. E sono caduti come una bomba termonucleare a Bruxelles, Strasburgo e Madrid. Improvvisamente, la narrazione ufficiale secondo cui né Junqueras né Puigdemont e Comín avevano alcuna possibilità di mettere piede nel Parlamento europeo si è incrinata. Improvvisamente, la tesi ufficiale del Parlamento europeo coniata ai tempi di Antonio Tajani – l’uomo di Silvio Berlusconi a Bruxelles – avvolto da popolari, socialisti e liberali, stava vacillando. Improvvisamente, la storia stava per entrare in un punto di svolta.
E Sassoli lo vide arrivare. Lo vide arrivare lui e il suo gruppo di più stretti collaboratori. Di fronte a loro avevano due opzioni: castling, come richiesto da importanti leader politici dei principali gruppi del Parlamento europeo, o fare un passo avanti sulla linea dell’avvocato generale.
Così è arrivato il 19 dicembre. Alle 10.00.m., 17 minuti dopo che il presidente della Corte di giustizia dell’UE con sede a Lussemburgo ha letto la sentenza in spagnolo, Sassoli ha incontrato i presidenti dei gruppi parlamentari. All’incontro non c’è stata discussione in merito: la sentenza è stata verificata e poco altro.
L’accesa discussione è arrivata più tardi, quando il Presidente del Parlamento europeo ha deciso di fare una dichiarazione nella plenaria di Strasburgo alle 12.00. Il processo verbale è passato e Sassoli non è entrato in plenaria. E i deputati stavano diventando impazienti, protestando pensando che avrebbero perso i loro aerei. Ma Sassoli non è entrato.
Il presidente del Parlamento europeo, con i suoi più stretti collaboratori, ha incontrato la leadership del gruppo socialista al Parlamento europeo, presieduto dalla spagnola Iratxe García. La tensione della riunione precedente era evidente nel gesto severo di Sassoli quando entrò in plenaria: ordinò il silenzio, richiamò più volte l’ordine e lesse una breve dichiarazione che diceva due cose: esortò le autorità spagnole a fare la loro parte rispetto a Junqueras e annunciò che il Parlamento europeo avrebbe fatto lo stesso “con la composizione” del Parlamento, con posti vuoti.
Sassoli ha finito di leggere la dichiarazione, ha detto che non avrebbe permesso a nessun altro di parlare in seguito e ha lasciato l’aula. Il dado era tratto e il presidente del Parlamento europeo aveva deciso, insieme ai suoi collaboratori e, questa volta con il sì dei servizi legali, che non c’erano più impedimenti per Puigdemont e Comín ad entrare nel Parlamento europeo, sei mesi dopo le elezioni.
Lottare fino alla fine
Sassoli ha cercato fin dall’inizio del suo mandato di incorporare la sua sinistra parlamentare, ha cercato di ampliare quella maggioranza che lo ha reso presidente. Ma anche, quando si avvicinava il momento di rinnovare i mandati, cercò di far vedere ai suoi colleghi del caucus socialista che, senza la presidenza del Parlamento europeo, la famiglia socialdemocratica era rimasta senza alcuna istituzione comunitaria, in un momento in cui il cambio di potere in Germania generava un diverso rapporto di forze e con battute d’arresto per il popolare.
Ma la strada non è riuscita, e il 14 dicembre i socialisti europei hanno finalmente rinunciato a contestare la presidenza del Parlamento europeo ai conservatori: la leadership dei socialdemocratici ha deciso di non presentare un candidato alternativo alla conservatrice maltese Roberta Metsola, con la quale si aprono le trattative per un accordo con il PPE sulle priorità legislative e sulla distribuzione istituzionale.