Vaccino Covid 19 ecco come farlo
Appena scoperta, a fine dicembre, ha fatto rizzare i capelli in testa alle autorità: Susan Hopkins, del Servizio sanitario nazionale britannico, l’ha etichettata come «del 70% più contagiosa» e il ministro della Sanità britannico, Matt Hancock, ha avvertito che per colpa sua «il virus è fuori controllo.
È un problema mortalmente serio. A Londra tutti devono comportarsi come se fossero infetti». I contagi sono stati il 50% in più in soli sette giorni, nella capitale inglese. Nessuno è più al riparo. Gianni Rezza, direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, cerca di rassicurare: «Questa variante di Sars-CoV-2 presenta mutazioni che si ipotizza possano aumentare la trasmissibilità del virus, ma non sembrano alterare né l’aggressività clinica, né la risposta ai vaccini». Tradotto: fa ammalare più persone, ma non è più letale del virus che conoscevamo già. Ce lo conferma Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università degli studi di Milano e direttore sanitario dell’Ireos Galeazzi di Milano’.
«Questa mutazione rende il virus più contagioso, ma la malattia che provoca non è più grave, è la stessa di prima. Però ha un aspetto inquietante. Neil Ferguson, un collega epidemiologo inglese, ha notato che questa variante colpisce anche i bambini: è un problema che prima non avevamo, un elemento che lo rende più pericoloso per i contatti che i piccoli hanno con i nonni, i più a rischio».
La caratteristica che preoccupa di più per la tenuta dei sistemi sanitari, però, è la violenta contagiosità: gli ospedali faticheranno a reggere l’urto di una massa sempre più grande di pazienti malati di Covid. Anche se il virus in sé non è più letale, porterà comunque a più decessi, sia per il coronavirus, a causa della saturazione dei posti in terapia intensiva, sia per altre cause, perché si rischierà una carenza di letti per gli altri malati.
Per evitare questo assedio, Londra è diventata una città fantasma: lockdown duro e abitanti barricati in casa. Quelli che sono rimasti: gli altri, prima del coprifuoco iniziato il 21 dicembre, si erano già accalcati nelle stazioni e negli aeroporti per fuggire dalla città con uno degli ultimi mezzi in partenza. «E stato un comportamento totalmente irresponsabile», si è rammaricato Hancock: solo verso Epifania si vedranno le conseguenze di quegli assembramenti, avvenuti in un momento in cui un virus molto contagioso – e che può essere trasmesso da chi non ha alcun sintomo – stava già dilagando.
Lunedì 21 sono atterrati in Italia gli ultimi voli dalla Gran Bretagna. Controlli a tappeto su tutti i passeggeri, ma probabilmente la stalla è stata chiusa quando i buoi erano già scappati: i primi positivi al “nuovo” virus in Italia erano già in giro per il Paese. La prima in assoluto, secondo F Ansa, è una dipendente dei nostri Servizi segreti esterni, l’Aise, arrivata dalla Gran Bretagna il 14 dicembre: purtroppo la sua positività è stata scoperta solo una settimana dopo. Altri casi sono stati intercettati appena scesi dagli ultimi aerei in arrivo da Oltremanica, ma per arginare il rischio dovrebbero essere rintracciati e sottoposti a tampone 30mila passeggeri giunti dal Regno Unito tra il 6 e il 21 dicembre…
Un incubo. Mitigato, almeno, dall’arrivo dei primi vaccini antiCovid. Che, però, erano stati studiati per il coronavirus nella sua versione “non W mutata”: funzioneranno an- i che con la nuova variante? «Sì, ad oggi sembrano mantenere la loro azione neutralizzante, anche se ci vorrà una decina di giorni per avere un’ulteriore conferma. Inoltre i vaccini genetici, come quello Pfizer-BioNTech, nel caso avessero problemi si potrebbero “aggiustare” molto più velocemente: basterebbe cambiare la sequenza mutata per adeguarli alla novità», rassicura Preghasco.
Non aveva dubbi il presidente americano Joe Biden, che se lo è fatto inoculare in diretta davanti alle telecamere, per convincere anche i più diffidenti che non ci sono rischi. L’ha fatto anche il virologo più celebre d’America, Anthony Fauci, commentando: «È importante essere qui, il vaccino è un’opportunità per tutti».
E da noi? Il rimedio alla pandemia che tutti aspettavamo ha superato anche gli ultimi severi controlli europei e, dopo le approvazioni (forse un po’ troppo frettolose, a rischio di essere azzardate) di Usa e Gran Bretagna, ora è disponibile anche nel nostro continente: l’Ema, l’Agenzia europea del farmaco, ha dato l’ok al vaccino Pfizer-BioNTech e si è deciso di far partire le vaccinazioni in tutti i Paesi nel “V-Day”, il 27 dicembre. Si è trattato però di quote ristrette, “simboliche”, come le ha definite la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen: le prime, partite dal Belgio alla Vigilia e arrivate in Italia a Santo Stefano, erano 202.573, il 13,46% delle dosi acquisite a livello europeo.
Non moltissime, ma abbastanza da fare tirare un sospiro di sollievo al ministro della Salute Roberto Speranza: «La battaglia contro il virus è ancora molto complessa, ma avere a disposizione un vaccino efficace e sicuro apre una fase nuova e ci dà più forza e fiducia». Sembra che la pensino così anche gli italiani: secondo un sondaggio Demopolis, 1’ 80% afferma di volersi vaccinare (metà di questi “il prima possibile”) e solo il 16% si dice contrario all’iniezione antiCovid.
Dopo la prima tranche, nei prossimi giorni inizierà la consegna dei prodotti per dare attuazione al piano vaccinale nazionale: si parte con 2 milioni di dosi, spartite tra le diverse regioni (vedi la tabella in questa pagina). La cosa aveva scatenato le proteste del presidente della Campania, Vincenzo De Luca, che ritiene siano poche quelle destinate alla sua regione: «Apprendiamo di una distribuzione dei vaccini non proporzionata, ma avvenuta sulla base di criteri misteriosi. Ci siamo abituati».
Il numero di dosi, però, era stato calcolato in base al numero di operatori sanitari e di ospiti delle case di riposo, le due categorie da vaccinare per prime (poi toccherà agli ultrasessantenni, dando la precedenza ai più anziani e a chi ha malattie già in corso). Il piano, una volta avviato, prevede la consegna di 28 milioni di dosi di 4 diversi vaccini (16 da Astra Zeneca, 9 da Pfizer, 2 da Curevac e uno da Moderna), cioè 9 milioni di vaccinazioni al mese fino a marzo. Poi, ogni mese, 19 milioni tra aprile e giugno, 18 in estate, 5 milioni per ognuno dei tre mesi successivi. Gli ultimi 50 milioni nel 2022. «In totale le dosi sono oltre 200 milioni (vedi la tabella a ds., ndr): ne abbiamo opzionale più del necessario per essere certi di non trovarci impreparati nel caso ci fossero ritardi o altri problemi», ha spiegato Speranza.
Chi vorrà vaccinarsi, però, non potrà decidere autonomamente di farlo: «Si verrà convocati dalle autorità sanitarie e si potrà decidere se farsi vaccinare o no, ma non si potrà chiedere di entrare nel programma: la pianificazione sarà centralizzata e darà la precedenza, nell’ordine, a operatori sanitari, residenti nelle Rsa, 80enni, ultra 60enni e via così, in ordine decrescente di fragilità», spiega Pregliasco. «Il trattamento sarà gratuito e non si potrà acquistare individualmente fino a che, finita la campagna vaccinale, lo Stato deciderà la quota da destinare alle farmacie: ma di certo non accadrà prima del 2022».
E, comunque, molti di questi vaccini richiedono una conservazione in frigoriferi particolari (gli Ult, Ultra-low Temperature, “a temperature ultra basse”) disponibili solo presso alcuni ospedali – non in tutti – e nel centro dell’Aeronautica Militare di Pratica di Mare. Una sorveglianza armata per dei semplici vaccini? «Sì, per scongiurare il rischio di furti», conclude Pregliasco. «Perché questi preparati sono preziosissimi: per il bene proprio (i rischi connessi al vaccino sono molto inferiori a quelli di ammalarsi di Covid) e della comunità in cui si vive. E per il bene dei propri cari: chi, per esempio, ha dei nonni, vaccinandosi fa un regalo anche a loro e alla propria famiglia». E, nell’anomalo Natale 2020, questo sì che è stato un bel dono da trovare sotto l’albero.