Marco Liorni, chi è la moglie del conduttore
Si profila un’estate strapiena di impegni per Marco Liorni. Il conduttore infatti è stato chiamato a sostituire Eleonora Daniele, ormai impossibilitata a condurre per il parto imminente, la mattina, nello stesso spazio orario. Il suo Italia Sì, ribattezzato per l’occasione Italia Sì, morning, prenderà quindi il posto, per tutto giugno, di Storie Italiane. Non solo: si profila per lui un’altra stagione alla conduzione di Reazione a catena, il gioco estivo preserale che già aveva guidato con successo lo scorso anno.
Non c’è l’ufficialità, ma già si sta allestendo lo studio per ripartire nelle condizioni di sicurezza a cui obbliga l’emergenza sanitaria. Ma questo è ancora un “si dice”, la “promozione” a programma quotidiano di Italia Sì invece è un dato di fatto. Liorni, cambia la collocazione oraria. Ma cambia anche lo stile della trasmissione? «Noi in realtà con l’emergenza sanitaria ci eravamo già riconvertiti.
Eravamo un programma leggero, di storie minime, di curiosità di provincia, e invece ci siano dovuti occupare del Covid 19 e puntare sull’informazione. Sicuramente ora andando in onda alle 10.30 tratteremo soprattutto le notizie del giorno. Non sappiamo ancora se potremo avere il pubblico in trasmissione, spero di sì, in ogni caso partiremo, come nella vocazione originaria del format, dalle storie di persone che vogliono raccontare qualcosa, che chiedono un aiuto, che vogliono divertirsi insieme noi. Il nostro punto di partenza sarà la finestra, un simbolo potente di quello che abbiamo vissuto negli ultimi mesi.
Le finestre sono quelle che ci hanno permesso, da casa nostra, di affacciarci sul mondo. E la finestra è anche quella del computer, un altro strumento che ci ha tenuti legati alla realtà quando eravamo in isolamento». E da questa finestra cosa vedrete? «Osserveremo la società italiana che a giugno starà emergendo dalla crisi. Cercheremo di sfruttare degli “inviati” speciali: ci collegheremo con i medici di basi, i negozi di parrucchiere, i tassisti, le redazioni dei grandi giornali, i postini, insomma le figure professionali che vengono a contatto con tante persone e che possono raccontarci quello che la gente dice, pensa, gli umori e i sentimenti dominanti».
Non si sa ancora, anche se è probabile, che lei torni Reazione a catena. Qualcuno fu sorpreso l’anno scorso che la Rai avesse scelto proprio lei dopo aver affidato il gioco a attori comici. Invece è andata bene. Come ha affrontato questa esperienza insolita? «Beh, intanto non era così insolita: io ho condotto molti “numeri zero” di giochi televisivi che poi non sono mai andati in onda. Io parto dal presupposto che la parola d’ordine nel rapportarsi con il pubblico è “verità”.
L’importante, come ho imparato con il tempo, è non snaturarsi mai. Poi puoi essere meno gradito, o più gradito, ma l’importante è essere se stessi: se ti metti a scimmiottare qualcun altro al pubblico resta la sensazione di falsità. Se invece resti te stesso e ti diverti, anche i telespettatori si divertono. È vero, nelle prime 8-10 puntate mi sentivo un pesce fuor d’acqua, e mi chiedevo cosa stessi facendo lì, era l’opposto del mio lavoro abituale. Ma nel momento in cui sono riuscito
a divertirmi insieme ai concorrenti, quando mi sono accorto che non vedevo l’ora di uscire di casa e andare alle registrazioni, ho capito che il programma funzionava».